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TRIATHLON OLIMPICO DI SIRMIONE
Inserito da mauro il 29/06/2014 alle 21:59 nella sezione triathlon
Da circa un mese non corro più. Un paio di allenamenti, per la verità: insieme una quarantina di minuti.
Mi hanno trovato qualche casino alla schiena con un'anca più alta dell'altra, quindi una gamba più corta, l'appoggio va a farsi benedire ed entro dalla porta principale nel mondo degli zoppi. Comunque chissenefrega, al triathlon di Sirmione mi ero iscritto a febbraio, il giorno dopo la mail con la notizia dell'apertura.
L'anno scorso mi ero divertito da matti, comprendendo nel divertimento i crampi nel nuoto a 30 metri dall'arrivo e dietro la mattanza di tonni che mi stava arrivando addosso. Sì, perchè il bello di Sirmione è che prima partono le donne, poi i vecchietti (da M4 in su) poi gli elite. Poi gli altri. Se non l'avete mai fatto ve lo consiglio: location spettacolare e grande organizzazione.
Comunque, pronti via e partono le donne, due minuti dopo noi antichi. Siamo pochini ed evitiamo le botte, vado tranquillo, ne passo diversi (mi sono dato al nuoto ultimamente) finché non ne vedo uno avanti a destra e uno a sinistra, più vicino. Lo punto e mi metto dietro per sfruttare la scia: fantastico.
Superiamo qualche donna e agganciamo un gruppetto che era davanti, poi via sotto il ponte levatoio (una chicca di Sirmione, che è una stretta penisola nel lago: parti da una parte, prendi il canale che passa sotto il ponte del castello e esci dall'altra). Ancora un po' di metri e arriviamo all'ultima boa e giriamo per prendere lo scivolo che ci porta in zona cambio.
A 20 metri dallo scivolo parte il solito crampo, che controllo, ma risorge appena metto piede sul duro: allungo una mano e un addetto -che Dio lo benedica- mi tira su. Corro alla bici, tolgo la muta e stacco la bici quando l'altoparlante annuncia l'arrivo di Hofer, partito dodici minuti prima di me. Almeno non mi hanno preso in acqua, come l'anno scorso, sotto il ponte che sarà largo si e no 4 metri: botte da orbi.
Un sibilo in zona cambio: era Hofer, che arriverà secondo. Parto contento, mi sembra che il nuoto (1500 metri ma i garmin davano 1700) sia andato bene. Scoprirò poi che in effetti era così: 373° assoluto su 800 iscritti.
La bici non va male: i primi treni sono quelli degli élite: passano che non li vedo neanche, inutile anche tentare di agganciarli. Mi ritrovo (mi piacerebbe poter dire “come al solito”) con le donne, che è un bel casino. Sì perché il triathlon ha questo in comune con le religione del Profeta: assoluta separazione dei sessi. Ossia la scia fra maschi e femmine (nel mio caso tra femmine e maschio) è vietatissima. Mi tengo a lato e sfrutto il mio peso (dire potenza sarebbe troppo) in discesa e nei falsopiani, nelle salite mi riagganciano.
Arriva un giudice in moto e mi guarda facendo cenni con la testa: lo so, lo so. E se ne va. La salita più impegnativa, da fare in piedi, ci porta a un paesino che si chiama “Pirenei”... Non aggiungo altro.
Alla fine passa un gruppo bello pieno e con uno sforzo che mi sembra sovrumano riesco ad agganciarmi. Lo tengo, lotto e partono i crampi: polpacci, cosce, adduttori. Bevo e riesco a tenere. E con loro arrivo a Sirmione. Una delle mie più belle frazioni di bici, penso. Avevo ragione: scendo dalla bici 370° assoluto. Scendo, sì, ma non riesco a correre: crampi. Venti secondi di terrore e riprendo a andare: mollo la bici e via con la corsa. Sì, quella dello zoppo.
Per tirare avanti sfrutto tutto il patrimonio di idee positive che ho in testa, che non alzo mai: mi concentro sui 20 cm di strada davanti a me. Alla fine del primo giro sento delle urla belluine: la curva! Maurizio, Attilio, Marco e non so quanti altri urlano il mio nome, scatenati. Una delle ragioni per fare triathlon nel Road è questa: passare davanti alla famosa curva Road che urla il tuo nome. E' una scarica di adrenalina: mi raddrizzo, sorrido anzi rido mentre sento le urla che entrano nelle orecchie, passano nella testa e scendono dalla colonna vertebrale nelle gambe.
Secondo giro: la sofferenza è tanta, almeno non ho i crampi. Lotto con la voglia di mettermi a camminare e succede un miracolo. Una mano mi spinge: con dolcezza, con decisione, con partecipazione, con affetto. E' Simona Leone. Non ho neanche il fiato per dirle grazie: mi sorride e mi supera. Non so perché ma questo gesto mi commuove profondamente: che ci faccio qui a distruggermi le gambe soffrendo come un pirla? Aspetto che sulla terra succedano cose di questo genere.
L'orgoglio di essere un Road si riscatena al secondo passaggio davanti alla curva: mi vedono distrutto, con la solita bava alla bocca che distingue le mie trance agonistiche, e ci danno dentro. Ancora pochissimo e arrivo. 496°: 126 concorrenti mi hanno passato nella corsa che ho fatto a 5:40''. Non importa: sono felice di questa esperienza.
Sono andato molto bene nelle prime due discipline e nella terza parte ho gustato il sapore della solidarietà e dell'amicizia che solo lo sport riesce a esprimere. Incontro Simona, la ringrazio e le prometto di scrivere una poesia per lei. Perciò, occhio ai prossimi numeri del Runner's Post!
W il Road!
Mauro
PS: un bel grazie a Leo e a Luigi, compagni d'avventura.

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