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TDS 2011: una stupenda avventura

Inserito da funakoshi67 il 18/09/2011 alle 19:53 nella sezione cross & trail

Piccola premessa: ho impiegato 3 settimane a scrivere di 30 ore. Adesso vi ci vorranno 3 giorni per leggere quello che ho scritto, ma se non lo farete, capirò...

TDS 2011

Courmayeur, giovedì 25 agosto 2011:
Ore 08:30. Finalmente arriva il momento della partenza. Gli ultimi giorni stavano diventando ormai insopportabili, l’attesa dell’evento dell’anno mi creava uno stato di ansia da togliere il sonno, ero angosciato perché ogni volta che affronti una sfida di questo genere è come se quelle passate fossero state completamente cancellate, ti senti come un pivello alla sua prima esperienza, non c’è nessun ricordo, nessun indizio, nessun buon suggerimento dal passato su come affrontare la gara, dall’alimentazione alla tattica, il vuoto assoluto, tam quam tabula rasa. Mentre ti avvicini al gonfiabile della partenza, mentre senti lo speaker che annuncia probabili deviazioni del percorso per cattive condizioni meteo, mentre ti guardi in giro per cercare di riconoscere qualche viso familiare, ecco che la tensione svanisce piano piano, cominci a sentire le energie distribuirsi in tutto il corpo, ti stai finalmente preparando al via, come le auto da corsa nel giro di riscaldamento, e incroci lo sguardo con centinaia di altri come te, con chissà quali aspettative, sai benissimo che uno su tre non arriverà alla fine, quindi cerchi di aggregarti con qualcuno, c’è qualche possibilità che siano gli altri a fermarsi prima. La concentrazione si materializza su queste facce, ormai anche i dettagliatissimi rituali, cremine, guantini, bastoncini, allacciamento scarpe, occhiali da sole, cappellini o bandane, sono terminati, la musica dei pirati dei caraibi sovrasta il vocìo sempre più flebile e rimescola i mitocondri e gli apparati del golgi. Ore 09:00, ecco lo sparo, partiti!!

Col Youlaz: 11:59 – pos. 902 – 11km
ahimè purtroppo come sempre commetto l’errore di partire nelle retrovie, troppo “retro”, per cui i primi chilometri sono sempre delle lunghe code, sembra il GRA o il tratto urbano dell’A4 il lunedì mattina. Peccato, volevo provare a partire un po’ più veloce, avevo provato la prima parte del percorso, sapevo dove spingere, dove usare cautela, però mi dico anche che di chilometri ce ne sono tanti, come saranno tante le occasioni per recuperare... adesso stiamo calmi, prendiamola come una gita, io guardo in alto, non capisco dove sia il cattivo tempo, trovo invece che il caldo sia insopportabile, meglio idratarsi. Da Courma alla Maison Veille sostanzialmente rimango nella posizione consolidata (1048 ndr), niente di speciale, però adesso il sentiero spiana un pochino e la carrabile è terminata, aumentiamo un po’ che mi voglio mostrare brillante a Sua Maestà il Monte Bianco che sta qui di fianco, scintillante tra i suoi ghiacci alla luce del mattino. Si arriva all’inizio della morena che poi ci porterà sullo sfasciume sotto il colle, qui la salita è tostissima e il terreno poco adatto a correre, però per un po’ riesco a creare una corsia di sorpasso aumentando un po’ il ritmo, ma nell’ultimo pezzo è impossibile, ci si ferma, bisogna attendere chi ci precede, non si può uscire dal percorso, si rischia di innescare frane e far male a chi segue. Risultato, sono sul colle alle 12:00 esatte, mezzora di ritardo sul previsto, ma non mi faccio prendere dallo sconforto, dietro di me vedo un sacco di gente, (infatti poi saprò di essere passato in posizione 902, niente male...), buttiamoci giù senza timore nella lunga discesa verso La Thuille.

La Thuille: 13:33 – pos. 916 – 21km
benissimo, la discesa l’ho presa benissimo, senza esagerare, (non volevo sfasciarmi le caviglie o le anche alla prima), di sicuro guadagno qualche posizione, ma non gli do’ peso più di tanto, l’importante è la sensazione di benessere che provo, mi godo il paesaggio, la corsa è fluida, gambe, schiena, tutto a posto, l’aria che mi accarezza la faccia è calda sì, ma sopportabile, per il momento, mi godo questa sensazione e arrivo praticamente secondo i piani. La Thuille è un forno, purtroppo siamo arrivati nell’ora più calda della giornata, e la posizione bassa del paese fa convogliare l’afa nel centro della valle, siamo al primo vero punto di ristoro e quindi alla prova del nove per l’aspetto alimentare. Giro intorno ai tavoloni cercando del cibo attraente ma purtroppo non riesco a trovare roba di mio gradimento, a parte due fettine di mocetta e due spicchi di arancia. Bevo tanto, forse troppo, faccio il pieno al camel e riparto, con soli 3’ di ritardo sul mio personale tabellino, perdendo una dozzina di posizioni al ristoro. Qui decido anche di spegnere il Garmin per correre senza l’ossessione del crono, dei chilometri e dei dislivelli.

Petit St Bernard: 15:28 – pos. 854 – 30km
temevo questa salita, sebbene non sia particolarmente ripida, per la sua esposizione solare: zero copertura arborea, solo pratoni, poche sorgenti e ruscelli, insomma quanto di peggio puoi trovare alle due del pomeriggio. C’è ancora tanta gente in gara e salendo formiamo degli allegri trenini, sarà forse per quello che non mi pesa la lunghissima salita (quasi 9 chilometri), e nel tratto più alto, complice una temperatura più gradevole, trovo spunto per allungare il passo e correre. Ho modo di ammirare finalmente quel laghetto vicino al passo, che nella gara di due anni fa incontrai di notte (ma quanto freddo avevo patito in quell’occasione e quanti incubi mi avevano assalito). Ma ora mi sembra tutto così leggero, spazzo via quei ricordi e mi ritrovo al tendone per fare una brevissima sosta, solo un the caldo, una controllata al cellulare per vedere l’orario, e poi via per la lunghissima discesa (14km verso Bourg St Maurice). Sono le 15:28, ottimo, sono in perfetto orario, e ho guadagnato anche un po’ di posizioni, adesso sono 854.

Bourg St Maurice: 17:26 / 17:54 – pos. 763 – 44km
mi sento bene, fisicamente e psicologicamente. Ho la consapevolezza di poterci riuscire, perché le gambe ci sono, non sento dolori di alcun genere (a dire il vero lo stomaco non sta proprio benissimo, ma cerco di ignorarlo, passerà, spero...). E poi adesso viene una discesa corribile, lunga, ma corribile (14km per scendere di 1400mt). È il mio forte, rompiamo gli indugi, prendiamoci qualche rischio, quindi via a manetta. Si apre piano piano il vallone ampio e pratoso, con la luce del sole che filtra attraverso uno strato di nubi e foschia, regalando giochi di luci e colori durante la mia cavalcata. Supero, supero un sacco di persone, che pure corrono, ma io di più, vado in scioltezza, quando... mi accorgo che sto perdendo sensibilità con la scarpa destra, anzi, sto proprio perdendo la scarpa destra!!! Lo sapevo, c’era un laccio un po’ spelacchiato, me n’ero accorto mentre infilavo le scarpe prima del via, ma mica potevo pensare che si rompesse... cavolo, non ci voleva. Cerchiamo di non perdere la testa... si tratta dei lacci salomon, è un pezzo unico con il regolatore... sfilo il coltellino dallo zaino, taglio i lembi sfilacciati, sfilo e reinfilo il laccio, faccio un doppio nodo, ribilancio il tutto, stringo il regolatore e... speriamo che tenga. Ho perso tempo e posizioni, ma le motivazioni a questo punto sono aumentate, c’è della rabbia buona, la voglia di recuperare subito, e riparto ancora più forte di prima, non mi sembra vero, ma in mezzora riprendo e supero di nuovo tutti e in meno di due ore sono a Bourg!! Ho un momento di defiance mentale, una scarica emotiva che non ti aspetti, per cui percorro i 200mt che portano al ristoro piangendo come un bambino... non ci credo, ho già fatto 45km, sto bene, sbircio sulla postazione di cronometraggio, sono 763esimo. Ma la gara è ancora lunga e ricca di sorprese. Vedo infatti sul cartellone che il prossimo ristoro, Cormet de Roselend, non è più a 16km, bensì 25!!! Avevo ricevuto un sms dall’organizzazione che diceva di una variazione del percorso, ma non mi aspettavo 9km in più... si dovranno saltare i passaggi al col Forclaz e Pralognan per temporale, e fare un giro largo per aggirare il maltempo... potete immaginare il contraccolpo psicologico. Inoltre la mia pausa dura più del previsto perché volevo mangiare qualcosa, ma il mio stomaco si rifiuta categoricamente di ingerire cibo solido, e questo non va bene, riesco solo a pucciare due biscottini nel the, va be’, dico, proverò a mangiare al prossimo ristoro. Ero arrivato tutto gasato a Bourg, ma riparto veramente abbacchiato.

Cormet de Roselend: 23:02 / 23:45 – pos. 736 - 68km
pioviggina, ma non è fastidioso, il caldo è ancora ammorbante, le goccioline danno sollievo, anche perché la salita parte subito cattivissima, nel bosco dietro il paese, tornante dopo tornante. Alcuni concorrenti stanno ritornando indietro, un altro si ferma con problemi di stomaco peggiori dei miei, comincio a pensare che magari sospendono la gara per il maltempo, mi toglierebbero il dubbio che comincia a fare capolino... continuare o no? E mi faccio mille film, ecco, ho voluto fare una cosa troppo difficile per le mie possibilità, e adesso se mi ritiro sono un coniglio, ma insomma, non mi posso fermare alla prima difficoltà... immerso nei miei pensieri intanto riesco a scorgere un pezzo di arcobaleno sulle goccioline che nel frattempo si sono spostate ad est, sento dei tuoni che sembrano avvicinarsi minacciosi, ma poi smettono, smette di piovere, e smetto anche di salire. Ho perso qualche posizione, ma ho tenuto comunque il mio passo lento ma costante, giungendo alla deviazione di percorso. I volontari indicano il nuovo percorso, comunque già molto ben indicato dalle balise e, sorpresa, si scende, riprendo a correre, riprendo fiato e coraggio, mi serve per affrontare il crepuscolo. Non ho idea del dislivello, ormai non ci sono più riferimenti, tempi, cancelli orari, chilometri, voglio solo arrivare al cormet e voglio arrivarci per le 23:00, calcolando molto a spanne il tempo che mi ci sarebbe voluto. Una interminabile salita su asfalto (lo odio!!!) accompagna il passaggio dal giorno alla notte, faccio una micro sosta per infilarmi una maglia a manica lunga, non voglio rischiare di arrivare troppo scoperto al colle, che è sempre ventoso. Di questa salita ricordo soltanto la noia, il pezzo in assoluto più brutto di tutto il percorso. Alle 23:02 arrivo al punto di ristoro, con 70km fatti (68 ndr), posizione 730, decisamente demoralizzato e privo di forze. Devo assolutamente mangiare, prendo subito un the caldo, poi di nuovo cerco di buttare giù roba solida ma niente da fare, intanto decido di cambiare abbigliamento: tiro fuori la coperta salvavita, come temevo il vento si fa sentire, la carenza di calorie ingerite mi fa sentire il freddo più del dovuto, mi infilo i panta lunghi sopra quelli corti, per velocizzare l’operazione e non rimanere troppo scoperto, mi infilo la giacca antivento, mi rannicchio dentro la mia coperta in un angolo e cerco di riposare un po’. Rimango immobile, perso a fissare il buio della notte per una decina di minuti. Poi cambio batteria alla frontale, mi bevo un po’ di glucosio liquido, tolgo le lenti e metto gli occhiali (il vento tende a seccare gli occhi), osservo quasi inebetito quello che succede intorno a me, in particolare vedo arrivare e ripartire 4 o 5 ambulanze, vedo persone entrare in infermeria ed uscirne in lettiga... boh, forse è meglio andarsene, questo tipo di traffico non mi è di grande incoraggiamento.

La notte: da mezzanotte alle sei
mi aspettano adesso circa 20km per arrivare al prossimo punto di ristoro, saranno i più duri, in mezzo al nulla, non so quante salite e discese ci siano, so che per qualche ora sarò nel deserto, dovrò gestire il sonno, lo stomaco, la fatica, tenere a bada la voglia di fermarsi, di tornare indietro per salire su un morbido sedile di un pulman che mi porti a Chamonix. Inizio a salire, mentre siamo ormai a mezzanotte, anche questa salita è tosta, terreno insidioso, ciuffi di erba e buche, siamo su un pascolo, nessuno parla, il vento aumenta di minuto in minuto, si segue piano piano la fila di lampade frontali che salgono, di tornante in tornante, il fascio luminoso si riempie di polvere a ogni folata, la veemenza eolica talvolta ti fa barcollare, ti butta fuori dal sentiero. La pendenza aumenta, o perlomeno la sensazione è quella, forse è la stanchezza, cerco di non mollare. Ma le prospettive, di notte, sono falsate: ogni volta che pensi di essere arrivato, vedi apparire in lontananza, sempre molto al di sopra del tuo orizzone, carovane di lucine, e ti sembra di non arrivare mai. Sulla prima salita comunque resisto, scollino e scendo verso la Sausse, senza però riuscire a spingere, il sentiero è roccioso e scivoloso, non ho la percezione del territorio circostante, sento sulla mia destra il rumore sempre più forte dell’acqua, tipo cascata o rapide, siamo al mitico Passage du Cure’, il sentiero diventa un passaggio di poco più di un metro di larghezza scavato direttamente nel granito, in una parete strapiombante su una gola con il torrente impetuoso sul fondo, senza la minima traccia di protezione. Mi fermo, punto la frontale nel burrone, ma purtroppo non vedo il fondo. Avanzo con la massima cautela e come me fanno anche tutti gli altri. Peccato non vedere questo posto di giorno, deve togliere il fiato...
Si arriva in basso, si attraversa il torrente, siamo a La Gittaz, sono le due e un quarto, sto andando lento, sono in piena crisi, adesso devo salire di 700mt e capisco subito che sarà un’altra scalata all’everest. Sono veramente alla frutta e, dopo mezzora di salita, sferzato dal vento, gambe vuote, testa pure, mi butto per terra, a lato del sentiero, rimango cinque minuti a guardare la Via Lattea. Non riconosco le costellazioni, ma immaginate... a 2000mt di quota, lontanissimo da qualsiasi centro antropizzato, con un cielo terso come poche volte capita, proprio nelle giornate così ventose, spegnendo ovviamente la lampada... immaginate cosa non si può vedere sulla volta celeste. Resto in ammirazione quei cinque minuti, il mio gruppetto si allontana, fa niente, dietro non arriva nessuno, sono tutti lontanissimi. Cerco di raccogliere energie e motivazioni, mi rialzo, e ricomincio a salire. C’è un punto di controllo, purtroppo senza beni di conforto, non so come si chiama e a che chilometro sia, so che ci passo alle tre e mezza circa, ma non mi interessa, punto ad arrivare al Col du Joly. Si sale ancora, poi c’è un pezzo in piano, dove riesco un po’ a correre, passando tra alcuni laghetti silenziosi, mentre il vento ci accompagna, poi una discesa brutta, metto male un piede, rallento e ricomincio a camminare, non voglio rimetterci qualche caviglia. La discesa dura poco, mi guardo intorno, ho perso l’orientamento, vedo lampade ovunque, non riesco più a capire dove si va, non riesco a vedere e a fissare il traguardo. Mi sento smarrito. Di nuovo si sale, salita cattivissima, mi fermo di nuovo, spengo la luce, mi addormento per cinque minuti per poi riprendere, qui si usano le mani, deve essere il Col de la Fenetre, terrificante, esposto e battuto dal vento, ma adesso è discesa, vai, vai, sento uno scampanìo, penso che sia il tifo con i campanacci, invece è un alpeggio dove passiamo tra gli sguardi straniti della mandria, il riflesso delle lampade nei loro occhi è inquietante, accelero, scappo, sto correndo e, miracolo, il cielo comincia a schiarire. La notte è finita, sono finalmente al ristoro della verità, ma soprattutto, ci sono ancora.

Col du Joly: 06:04 / 06:44 – pos. 719 – 87km
Sono le 6 del mattino, al controllo in ingresso sono 720esimo. Il dato in se’ non mi entusiasma granché, ho impiegato 6 ore per percorrere quei 20km, con pause, crisi, dubbi... però, però, che caspita, ho fatto 90km (87 ndr) che non sono pochi, adesso si tratta solo di vedere se riesco a nutrirmi. Durante la notte avevo deciso (ma con che raziocinio si prendono decisioni?) che se fossi riuscito ad alimentarmi un minimo, avrei continuato, altrimenti avrei gettato la spugna. Illuminazione!!! Provo a bere quel brodino caldo con dei filini di pasta galleggianti. Lo so, detto così, non sembra così invitante, ma vi posso garantire che in quel momento mi sembrava nettare degli dei... Ne bevo una tazza, è caldo e piacevole, non troppo pesante, ne prendo una seconda tazza e mi sembra che lo stomaco finalmente abbia deciso di accettare qualcosa che non fosse acqua, the o coca... Sotto il tendone intanto vedo fantasmi, facce stanche, spaventate, alterate, gente che si appoggia al tavolone e si addormenta. Altra illuminazione, mi riposo un attimo, provo a dormire, che sarà mai? Lo fanno anche gli altri... zzzzzzz...
Sbadabam!! Il vento scuote il tendone, apro gli occhi, caspita, non mi ricordavo fosse così chiaro, oddio, non c’è quasi più nessuno, sono scappati tutti, mamma mia, quanto ho dormito? Sono le 6:44, maledet.... ho dormito troppo, il cancello orario, quando è? (panico) Non ricordo... chiedo al tizio del brodino, ma non ci capiamo, beh, lui capisce ma io non capisco lui, dice 7 e qualcosa, boh, quanto basta, sono ancora dentro i limiti, però... mi dispiace ecco... arrivare proprio per ultimo, appena dentro i limiti... un po’ di orgoglio, suvvia... sento crescere dentro la voglia di rivincita, sento che sto bene, il brodino e la dormita (mezzora?) mi hanno come rinvigorito, e allora via... riprendiamoli tutti!!!

Les Contamines: 08:23 – pos. 657 – 96km
la discesa inizia in direzione del Bianco, il sole ancora non si vede ma il cielo si tinge dei colori dell’aurora (sono daltonico, non entro nei dettagli) e le cime spazzate dal vento sembrano tanti comignoli fumanti. È tutto stranamente silenzioso, l’aria è frizzante, ho l’impressione di entrare, di penetrare in un dipinto. Sotto i miei piedi, il sentiero ancora umido scorre via veloce, poi costeggia un laghetto dove il vento riesce a creare delle piccole onde, si passa vicino a un rifugio, un po’ riparato, e ne approfitto per togliermi la giacca. Un sorso alla fontanella e giù ancora, la pendenza aumenta, il mio ritmo pure, supero parecchie persone, che sentendomi arrivare cavalcando, si fanno da parte per farmi passare... “merci”... poi silenzio. Finita la discesa, prima di entrare nel centro abitato, mi spoglio definitivamente per tornare in versione diurna, sebbene fratello sole non abbia ancora iniziato a riscaldare per bene, e già che ci sono riempio il camel alla fontana. Ancora silenzio, magico, tutto dorme ancora, il mio passo, come per rispetto, è silenzioso, fluido, veloce... si scende ancora, ma quasi in piano, ci sono delle strade pedonali lungo il torrente da percorrere e si inizia ad incontrare dei ‘civili’ con passeggini o cani al seguito. Sono le 8:20, breakfast time, e sono al ristoro di Contamines.  Ho impiegato un’ora e mezza, anche meno contando i cambi di vestiario, a scendere di 850mt percorrendo 10km, e sto benissimo, mi bevo un the caldo e basta. Prima di ripartire, chiedo al controllore se i miei passaggi fossero regolari, visto che i post automatici di facebook mi davano già per finisher... magari!!! Tutto regolare, erano le 8:23, posizione 657!!! Ho già praticamente recuperato tutto il tempo ‘perso’ dormendo quella mezzora, e anche qualcosina in più... e poi, 96km già lasciati alle spalle!!! Wow!!!

Col de Tricot: 11:00 – pos. 627 – 103km
a questo punto sono stra-sicuro di terminare, mi sembra di essere appena partito, quando invece sono già trascorse quasi 24 ore. Mi rimangono due salite impegnative, devo semplicemente farle come mi sento (in questo senso devo dire che la scelta di correre senza garmin è stata azzeccatissima). Ancora in paese, la salita parte ripidissima, nel frattempo ogni fontana è buona per cacciarci sotto la testa, comincia già a far caldo, salgo di buon passo, se non ricordo male sono 600mt di salita, non immaginavo così ripidi... poi per fortuna c’è un tratto in piano e si arriva a un gruppo di chalet dove, porcaccia, non c’è nemmeno una fontanella. Amen, andiamo avanti, si sale ancora un pochino poi si scollina. L’immagine che mi si presenta davanti è sconvolgente: estraggo il cellulare e scatto una foto a quello che mi vedo di fronte: la mitica, terribile (pensatela con pronuncia fantozziana), verticalissima, salita del Col de Tricot. Si tratta di scendere 300mt in fondo al vallone e poi salire di 700 praticamente in due chilometri... una scala a pioli!!! Guardo l’ora mentre scatto la foto, sono le 9:45, mi dico “senti, stai andando bene, che sara’ mai, e’ l’ultima (falso) salita...”. E poi è ancora in ombra, forse ce la faccio prima che arrivi il sole. Giu’ per la discesa allora, a precipizio, prendo rischi a volontà, in dieci minuti sono giù e finalmente c’è acqua, un torrente, mi ci fiondo dentro immergendo tutte le scarpe, raccogliendo acqua con le mani per bagnarmi e col cappello per rinfrescarmi la testa. Osservo la salita che devo fare, la studio, la sfido, vedo che purtroppo l’ombra piano piano si sposta, e gli omini che lentamente salgono disegnano perfettamente lo zig zag del sentiero. “Un passo dietro l’altro”, me lo ripeto all’infinito mentre attraverso il vallone e mi avvicino sempre più all’imbocco della salita, vorrei acqua fresca da bere ma non ce n’è. Fa caldo, sono le 10, ombra zero, acqua zero, più salgo e più aumenta la pendenza, al punto che non vedo chi mi sta sopra di due-tre tornanti. Comincio a contare i passi, come a scandire il passaggio del tempo, senza fermarmi, ne conto tanti, provo a scommettere su quanti ne mancheranno, a spanne... saranno duemila, e continuo a contare, mentre mi avvicino sempre più a quelli che prima vedevo lontani, ne supero qualcuno che si ferma a prendere fiato, ma stavolta no, voglio arrivare fin sù, senza fermarmi... novecentonovantanove, mille... finalmente un piccolissimo zampillo d’acqua, appoggio il berretto, due secondi, ahh che sollievo sentire un po’ di refrigerio... non sento la fatica, le gambe spingono, sto salendo senza bastoncini, appoggio le mani sulle ginocchia e spingo, millecinquecento... dai, ormai ci siamo, si sta alzando il vento, significa che qui vicino c’è il passaggio tra le due valli, millenovecento... sento anche delle voci, significa gente rilassata, in grado di parlare (e quelli che salivano con me erano muti), millenovecentonovanta... arrivato!!! È fatta, sono le 11 esatte, non so a che chilometro sono (103 ndr, posizione 627), ma so che ho fatto 700mt di salita in un’ora, che è quello che faccio quando sono fresco e al massimo della forma, e non avete idea di quanto possa incidere questa consapevolezza sulle proprie energie... è una bomba di adrenalina, una scarica pazzesca.

Bellevue: 12:05 – pos. 607 – 107km
non mi fermo neanche a respirare, riparto subito, c’è una bella discesa verso l’estremità della lingua di un ghiacciaio, con a destra, molto in alto, il Monte Bianco, mentre di fronte la stazione di Bellevue, ma per arrivarci devo attraversare il vallone. Entro nel bosco, supero ancora, riesco ancora a tenere un buon ritmo in discesa, poi, sospresa, un bel ponte tibetano permette di passare sull’altro versante del vallone, superando un impetuoso torrente che sbocca da sotto il ghiacciaio. Si incontrano molti trekker che non ti fanno mai mancare l’incitamento, “bravò”, “alè”, “claudiò”... intanto si risale un po’ alla volta, c’è un bellissimo traverso da percorrere, con molto bosco (e col caldo che fa, questa è una grande cosa...), poi tre-quattro passaggi esposti, su roccia, con corda fissa per non cadere di sotto. I tratti in falsopiano sono belli corribili, sono in un gruppetto con altri due e andiamo allo stesso ritmo. Ultimo strappo, davanti alla stazione ferroviaria, ci dicono di salire ancora un po’ per trovare acqua. E infatti arriviamo, insieme, al punto di controllo di Bellevue, stazione di arrivo della seggiovia, sono le 12:05, continuo a non sapere a che chilometro sono (107 ndr), però qui di acqua ne hanno pochissima. Bevo quello che ho nel camel, entro nei bagni e improvviso una doccia, vestito, sotto il rubinetto del lavabo. Mi guardano un po’ male, i controllori, ma stic...? i miei due compagni sono invece già ripartiti, non voglio perdere tempo e posizioni, mi arrivano messaggi via email che mi fanno pensare di poter arrivare nei primi 600 (a questo punto in effetti ero 607), riallaccio lo zaino, mi ricompongo, e riparto.

Les Houches: 13:05 – pos. 593 – 112km
adesso c’è da scendere di brutto, (non so come mai, ma i dislivelli li conoscevo a memoria), da 1800 a 1000, in un’oretta si può fare. Caspita, ma questa è l’ultima discesa, poi c’è l’ultimo tratto in falsopiano, quindi diamoci dentro... il sentiero è molto divertente, in mezzo al bosco, dentro e fuori, attraversando ruscelli, scavalcando qualche tronco abbattuto, le gambe hanno decisamente preso il comando, e chi le ferma? Purtroppo però il sentiero e il bosco finiscono, arriva un tratto di odiato asfalto, non ci sono alberi, siamo a bassa quota e il sole picchia duro, è l’orario peggiore...  scalo ancora qualche posizione, ma il caldo e l’asfalto mi tolgono definitivamente la voglia di correre e mi ritrovo in processione, a camminare, con un gruppetto di francesi, a cui mi accodo. Appena becco la prima fontana, solita scena, via occhiali e berretto, testa sotto il getto, bagno il berretto e via... siamo in piano, ricomincio a correre, supero il gruppetto, e arrivo al punto di controllo. Fatta la lettura del chip, non mi fermo nemmeno al ristoro, bevo giusto un bicchiere di coca e riparto. Sono le 13:05, sono felicemente sorpreso per quanto sono riuscito a fare dal Col de Jouly fino a qui, in realtà senza avere dei numeri concreti, ma sento di aver compiuto un’impresa, non mi sembra vero!!! (In effetti, in poco più di 4 ore avevo fatto 25km, 1400mt di salite e 2400mt di discese, cose folli per le mie possibilità).

Chamonix: 14:24 – pos. 572 – 120km
appena ripartito, mi arriva il messaggio di Alberto che mi informa del mio passaggio a Les Houches in posizione 593, bestia, ero nei primi 600, e non volevo rischiare di finire sopra. Fa parecchio caldo ed è difficile correre, mancano 8km di saliscendi su sterrata, se cammino ci metto due ore, se corro per metà, magari arrivo per le 14:30. Stabilito l’obiettivo, inizio ad alternare corsa (dove ci sono alberi e un minimo di frescura) e cammino (sole, caldo, afa). Mi supera un biondo altissimo, e penso che mi devo mettere al riparo, meglio guadagnare qualche posizione... accelero quindi un po’ e, dopo aver superato una quindicina di persone, rallento, ormai ce l’ho fatta, inizia il paese di Chamonix, la gente applaude, inizia l’estasi. Sento dietro di me un rumore di passo-corsa-lenta, sono cinque minuti che sento questo tizio correre, mentre io cammino, senza riuscire a raggiungermi. Allora mi giro, gli faccio un cenno di avvicinarsi che lo aspetto, voglio arrivare con lui. Solito approccio anglofono: “It’s not convenient to run, it’s too hot”… “let’s get together to the goal”… risposte improbabili, inglese incomprensibile, cavolo di francesi, come faccio a spiegarmi? Passiamo davanti a una villetta con giardinetto e due signori marito e moglie con due bottiglie di acqua che ci incitano. Io mi avvicino, tolgo berretto e occhiali e chino il capo. La signora capisce subito e mi versa la sua bottiglia sulla testa. Ecco che il mio compagno, nello sforzo supremo dell’emulazione, se ne esce con un italiano stile polacco “anche io come mio amico...”, china la testa, e il signore gli versa l’acqua. Grande, gli dico “parli bene l’italiano...” e lui “ma io sono italiano, sono di mantova...”, lo fisso... “Mavattenaff...”, scoppiamo a ridere, riusciamo a fare amicizia in due chilometri, tanto ci separa dal traguardo. Lo incito a correre, adesso non possiamo fermarci più, tutti ci applaudono, gridano, trombette, campanacci e campanelli, “dai Giuseppe, ci siamo, è l’ultimo chilometro”, inizia il tratto transennato, stupendo, che emozione, se penso a due anni fa lo squallido arrivo a Courmayeur dove non c’era nessuno e quei pochi ti ignoravano... “Giuseppe, sento la voce dello speaker, dai, aumenta!!” e lui “sto scoppiando, non ce la faccio”... “ma sì che ce la fai, stammi dietro, raschia il barile che ce n’è ancora”... ultima curva e ultimi 50 metri, lanciatissimi, braccia alzate, ci teniamo la mano, sorridenti, vincitori. Sono le 14:24, anche l’ultimo obiettivo è raggiunto.

Il trail è uno sport individuale fatto in gruppo. L’ultratrail è un viaggio dentro di se’: più è lungo e più hai tempo per guardarti dentro.

Il racconto è poco più di una cronaca, è facile raccontare il percorso, le sfide, i numeri. Non lo è per niente raccontare le sensazioni e le emozioni.

Ti può capitare di scoppiare a piangere senza rendertene conto. Perché in quel momento hai raggiunto punte supreme... di felicità.

Ringrazio di cuore le mille voci amiche che mi hanno spinto, giorno e notte.

Ciao
Funa

In sintesi: 120km, 7000mt+/6800mt-, in 29h23’40”. Partenti 1181, arrivati 781 (2 su 3), per me posizione finale 572.

Letto 1799 volte
tutti in coda per la salita allo Youlaz
tutti in coda per la salita allo Youlaz
Commenti
  • Franz.Rossi 19/09/2011 alle 10:30:39 rispondi
    Che bello!
    Capisco se qualcuno non l'ha letto tutto, è davvero lungo.
    Ma ne vale la pena.

    Ci sono dei passaggi davvero memorabili, in particolare lasciatemi citare il momento in cui toglie dallo zaino il coltellino per rifarsi il laccio della scarpa...

    Infine un'ultima annotazione: è una gara di 120km, ma soprattutto è una gara che dura quasi 30 ore.
    Insomma complimenti Claudio, gran bella gara e gran bel racconto.

    Franz
  • Iron6Max 19/09/2011 alle 10:56:47 rispondi
    Grazie grazie grazie
    letto tutto alla faccia della lunghezza, io non sono riuscito a scrivere nulla dopo la parziale UTMB, ma ho rivissuto leggendo il tuo racconto il saliscendi di emozioni quasi incontrollabili e le temporanee perdite di posizione km fatti e da fare altitudini km al prossimo ristoro notte che non finisce, freddo, pioggia, stelle, neve e vento, neve e vento, voglia di dormire paura di non svegliarsi cancelli troooooppo stretti giuro che non lo faccio mai piu ma che ci stai a fare qui fermati fermati e poi mai piu, ok facciamo un patto se la finisci poi mai piu e poi il pulmann...quello dell'anno prima, quello caldo...no Max tra 2 ore è la seconda alba, no Max 2 ore e poi l'ultima giornata con la terza notte che sarà in branda...niente da fare, nanna al calduccio di tre ore e sveglia a Chamonix. Pianto pianto pianto. Al prossimo anno!!!!!!!!! :-) troppo bello chissenefrega del dolore e del freddo, emozioni cosi forti e pure vale la pena di viverle ogni anno, poi se si arriva è anche più bello vabbè :-)
  • FraTTa 19/09/2011 alle 13:51:10 rispondi
    Emozionante.
    Grazie.
  • Lucky 19/09/2011 alle 16:28:57 rispondi
    davvero un'avventura spettacolare!
  • funakoshi67 22/09/2011 alle 12:39:32 , modificato il 2011-09-22, alle 12:40:01 rispondi
    gruppo road all'utmb?
    e se per l'anno prossimo organizzassimo una spedizione Road all'UTMB?
    io ci sarei, credo anche Franz, Max pure avrai voglia di riscatto, avanti gli altri...
    Ciao
    Funa
  • LAZ 24/09/2011 alle 18:34:11 rispondi
    Grande!! bella relazione, mi sono commosso nel leggerla.
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