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![]() Ventisette, giorno di paga - #4Inserito da Franz.Rossi il 27/04/2007 alle 11:10 nella sezione storie
Una passione rosso tartanHo iniziato a correre come attività complementare: da ragazzo a scuola per riscaldamento prima delle partite di pallacanestro o pallavolo, nei lunghi pomeriggi invernali per fare fiato e gambe in vista della stagione estiva di canottaggio, come disciplina necessaria nella mia breve stagione del triathlon, per mantenere un minimo la forma negli anni tra l′università e il lavoro.Poi è scattato qualcosa e la corsa si è trasformata da complemento a punto focale: ho iniziato a correre nei boschi intorno a Trieste (dove abitavo all′epoca) per il gusto di correre. Infine, giunto a Milano e giunto alla soglia del 40esimo compleanno, la corsa si è trasformata in un rimedio contro la maturità che sentivo incombente, nel tentativo di dimostrare che – nonostante il passare degli anni – restavo in grado di raggiungere dei risultati fisici. E da lì alla prima maratona il passo è stato breve. Tutto questo lungo preambolo per dire che la pista non l′avevo mai considerata, se non quando ammiravo le gesta degli atleti alla televisione. Con l′adesione al Road e con la necessità di inserire negli allenamenti delle ripetute brevi, ho iniziato a frequentare il campo XXV Aprile, scoprendo subito come l′ambiente della pista fosse particolarmente confortante per me. A ben pensarci non è strano per nulla. La pista è il tipico posto dove i monomaniaci della scarpetta possono sentirsi a loro agio. Anche, in trasferta in qualche altra città, magari fuori Italia, i gesti sono gli stessi: lo stretching nell′area del salto in alto, i brevi scatti di riscaldamento ancora con i pantaloni della tuta addosso, le chiacchiere a bordo pista spiando i passi lunghi di qualche giovane promessa, le magliette che spariscono per anticipare l′estate nelle pause pranzo. Un mondo a sè, ma estremamente confortevole. L′unico posto dove non ti guardano come un marziano se misuri la velocità in tempo/spazio e non in chilometri all′ora. E se chiedi consigli sull′infiammazione della bandelletta ilio-tibiale sanno di cosa stai parlando. Un mondo estremamente confortevole per i praticanti della corsa, eppure vissuto con sospetto quando non con fastidio da una larghissima maggioranza dei podisti di oggi. L′analisi delle ragioni è presto fatta: oggi come mai in passato si corre in uno sforzo individuale. Si corre contro sè stessi, per raggiungere degli obbiettivi. Quindi il confronto con gli altri è poco interessante, se non nella misura in cui possono dare consigli sull′ultimo modello di scarpette. E la distanza su cui ci si confronta è la maratona, per cui l′anello di 400 metri da ripetere innumerevoli volte è vissuto come alienante, quasi fosse la ruota in cui i criceti sfogano la loro vitalità nelle gabbie dei negozi di animali. Ma se si riuscisse a venire al campo senza pregiudizi, si scoprirebbe un universo estremamente ricco e generoso. In pista si impara a correre, impostando le andature e non trascinando i piedi. In pista si impara ad essere veloci; con la testa prima che con le gambe. In pista si impara la tattica di gara, a confrontarsi con amici trasformati in avversari per la durata di una competizione. E si scoprirebbe una dimensione diversa della corsa: la sfida a perdifiato. Noi che siamo corridori di endurance non conosciamo la sensazione del cuore in gola, della vista annebbiata, dell′allungare le braccia all′indietro per tagliare con il petto il filo di lana invece che portare la mano al polso per fermare il cronometro. Piccole fondamentali differenze che ancora oggi tengono lontani molti runners dall′anello di 400 metri. Allora finisco con un invito a provare, magari per la Tuttinpista della prossima settimana: venite al campo, provate ad indossare un pettorale e a gareggiare (anche sulle distanze più lunghe come i 10mila metri) alternandosi al comando o correndo coperti dal gruppo. Provate a vivere una volta l′emozione della campana dell′ultimo giro e della volata dopo l′ultima curva: sarà amore a prima vista. Una passione rosso tartan che non vi lascerà più. Franz
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Peccato che le alternanze al comando e la volata finale non saranno termini usati per descrivere la mia gara.
Bravo Franz, Cristiano
per la Tuttinpista devo avere le scarpe chiodate?
Ciao Lorella
le scarpe chiodate non sono assolutamente necessarie.
Gli atleti che gareggiano di solito in pista le usano ma per chi non è abituato possono essere più controproducenti che utili.
Quindi usa le scarpe più leggere che hai e andranno benissimo.
Franz
Saluti Segrelio (Elio Pravettoni)
CIAO LORELLA
Luca Gregotti ha già prenotato per tutta la classe di sua figlia. Vi aspetto in tanti.
Giordano Allais