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Vialatteatrail, le luci nella neve

Inserito da paulrunner il 22/12/2009 alle 00:54 nella sezione cross & trail

La massa fluttuante di centinaia di luci si sfalda appena entriamo nel bosco e si allunga come un serpente nelle volute del sentiero che sale a torciglioni, il silenzio è rotto dall’ansimare, dagli scarponi che battono la neve farinosa, dai bastoncini che fanno toc toc.

Poi gradualmente la fila si allunga, gruppi si compongono e scompongono e ricompongono e la traccia si infila nella neve fresca e sale con decisione. Siamo fuori dal bosco, senza gli alberi il vento si infila nelle pieghe dei tessuti e del corpo e tutti si ripiegano su sé stessi per far scivolar via l’aria gelida.

Finalmente si vede la vetta, il Col Basset è a quota 2.600, ma l’ultimo tratto è pietra spolverata di bianco e spazzata dalle raffiche gelide e gelate.

Inizia la discesa su Sestriere, la mano destra mi ha lasciato nella salita e devo scendere per almeno due chilometri prima di avvertire il caratteristico dolore che segnala la ripresa della circolazione, dopo un paio di chilometri incontriamo i primi che risalgono di corsa, le frontali si incrociano e i volti di tutti sono contratti dalla fatica, fantastico.

Il cielo è stelle luminose ed una striscia di luna arancione, la meta è Sestriere, in fondo alla valle, ma una volta arrivati bisogna risalire sino in cima. Di nuovo.

Un passo dopo l’altro: ad un certo punto il cuore sembra scoppiare in bocca e la mente si interroga ma era solo l’ansia di una risalita lenta e di una cima che non si vede mai. La tachicardia si ferma, finchè il profilo della montagna sembra scomparire e questo vuol dire che il colle è lì, dietro l’ultima curva, l’ultimo masso.

In cima un tè veloce servito da un soldato sorridente mentre molti si fermano a riposare ma non adesso, non voglio né caldo né soste perché potrei abituarmi.

Adesso ho perso la sensibilità alla mano sinistra ma la discesa è tutta di corsa e la circolazione aumenta di intensità, di nuovo il dolore ma poi passa. Tutto passa.

La discesa è una pista nera con le scarpe da trail e solo un paio di bastoncini a frenare nei muri più ripidi. Sono caduto in alcuni trail in pieno giorno e su sentieri normali ed invece oggi riesco a reggermi miracolosamente in piedi sino a Sauze.

Nell’ultima salita mi sembrava di avere la retromarcia, mi avranno superato una ventina di concorrenti, in discesa le gambe girano di nuovo, sono solo otto chilometri a rotta di collo, mi superano solo in due.

Amo lo spirito trail ma amo anche lo spirito agonistico, altrimenti non parteciperei alle gare dove il confronto con sé stessi e con gli altri è continuo. La mente adesso è felice, per tutta la gara ho parlato con mia moglie nel mio immaginario taschino, le ho raccontato le mie difficoltà e le mie paure e adesso la mia gioia e la mia voglia di urlare, non le ho detto niente solo quando pensavo di mangiarmi il cuore, non deve preoccuparsi.

Adesso corriamo insieme verso le luci deserte dell’arrivo, applauditi dai volontari fino a raggiungere un concorrente qualsiasi, uno come me a cui chiedere il nome a cento metri dal traguardo, il mio stesso nome, per vincere tutti assieme l’ultima gara dell’anno.

Paolo Valenti

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Commenti
  • mbell1957 22/12/2009 alle 08:04:52 rispondi
    come al solito ...
    ... un bel racconto che rende perfettamente l'idea del posto, della magia di fare certe cose, della fatica.
    Qualche giorno fa MaxMarta mi stava raccontando come pensava di vestirsi per l'occasione e per i -20°/ -25° che avreste trovato in cima.
    E ho pensato ... "siete matti" !!
    Sono contento che siate arrivati tutti e tre al traguardo (non che pensassi che tra 10.000 anni qualcuno avrebbe potuto trovare un nuovo uomo di Similaum vestito in modo buffo con ghette e bastoncini !!)

    Buone feste

    Massimo
  • Franz.Rossi 22/12/2009 alle 08:13:15 rispondi
    si è rotta l'altalena
    Durante tutto lo scorso week end sono stato su un'altalena: da un lato la voglia di essere fuori con voi, nella notte, sulla neve, a fare fatica e a patire il freddo, d'altra il senso di responsabilitĂ  verso le cose che dovevo ancora fare.
    Poi le prime notizie, il freddo, il cambio di percorso: e io di nuovo su e giĂą, da un lato l'invidia per quello che vi accingevate a fare, dall'altro la serenitĂ  di una serata a casa.
    Infine le notizie degli arrivi, con il messaggio notturno di Max, la telefonata con Giova e con te. E di nuovo sull'altalena: che esperienza fantastica! che fortuna non essere andato!
    Beh stamattina ho letto il tuo racconto e l'altalena si è rotta. Avrei dovuto venire con voi.
    Che sia maledetta la tua vena poetica.
    Franz
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