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Torino-Saint Vincent, la corsa ed il gioco
Inserito da paulrunner il 19/10/2009 alle 14:53 nella sezione cross & trail
L’uomo accarezzò i dadi: aveva perso di nuovo ma sentiva che la fortuna stava per girare dalla sua parte, sapeva che alla prossima occasione si sarebbe rifatto. Con gli interessi. Gli era dovuto.
Si preparò al viaggio sulla corriera che tornava nel capoluogo, dopo una notte di gioco. Guardò il suo compagno di viaggio: aveva il volto sfatto, sembrava che avesse appena compiuto uno sforzo tremendo, sicuramente anche per lui non era stata una bella serata e, a giudicare dalla faccia tirata con la barba lunga ed i lineamenti ancora contratti, doveva aver perso molto, o forse aveva fatto troppo affidamento sul caso.
Lui no. Lui sapeva cosa vuol dire giocare e perdere, ci era abituato da tanti anni, da sempre pensò, ma non riusciva a scrollarselo di dosso. Ogni volta giurava a sé stesso che avrebbe smesso e poi ricominciava. Tutto inutile. La rovina economica, la disgregazione della famiglia, la mancanza di qualsiasi altro interesse erano capitoli che si chiudevano ogni volta senza particolari rimpianti, solo un po’ di disperazione subito cancellata appena entrava al Casinò.
L’altro uomo si ritrasse ancora un po’, se possibile, nella sua tuta: si era messo addosso due o tre maglie perché la stanchezza ed il freddo notturno adesso stavano prendendo il sopravvento e quella maledetta corriera non era ancora partita. Erano le due di notte ed avrebbe dovuto affrontare un viaggio di almeno due ore per quelle stesse strade che aveva faticosamente risalito correndo. Oddio, correndo e camminando perché con il calare del sole erano venute meno anche le forze e le gambe giravano sempre meno bene anche se ricordava ancora con un certo piacere la volata finale, proprio gli ultimi duecento metri, per rintuzzare l’attacco di quel giovane spocchioso che voleva superarlo sul traguardo, dopo 100 chilometri. Ovviamente aveva vinto lui ma, come in uno specchio, subito dopo l’arrivo aveva letto negli sguardi degli altri la sua immane fatica.
Parlarono a lungo, perché i solitari si ritrovano a volte ed allora hanno l’urgenza di raccontare, di sfruttare quell’occasione rara di un’ascoltatore che non ti interrompe perché in realtà aspetta impaziente il suo turno, il suo momento per sfogarsi. Certo i racconti del giocatore erano quasi sempre grandi vincite appena sfiorate, occasioni rigorosamente perse ed anche in quei rari casi in cui aveva vinto veramente i soldi si erano dissolti in pochissimo tempo tra debiti e nuove serate. Il corridore invece le vittorie non sapeva neanche cos’erano, aveva iniziato tardi ma questa era solo una scusa che raccontava a sè stesso, per lui vincere era solo il sinonimo di arrivare ma si sorprese ad appassionarsi nella descrizione di quella gara infinita, dei piccoli borghi attraversati e della gente che lo applaudiva anche se non era il primo ed avrebbe applaudito anche l’ultimo perché gli leggevano in faccia la fatica del vivere e la gioia del correre.
E così si riconciliò con sè stesso. Prima dell’arrivo nella grande città industriale, con i portici e le vie ed i lunghi, infiniti, viali tutti rigorosamente allineati, perpendicolari, paralleli, si salutarono come due vecchi amici che si erano ritrovati dopo anni di lontananza, due che magari avevano fatto le scuole insieme ed il destino, mai come in questo caso cinico e soprattutto baro, aveva separato. Ed una volta scesi, mentre un filo di tristezza stava già arrivando, l’uomo con la tuta tirò i dadi ed uscì un doppio sei e l’uomo con il farfallino accennò due passi di corsa, con una falcata ampia e leggera, e nell’alba gelata ne risero di gusto dando un senso a quel momento unico della loro vita.
Il dato tecnico è semplice, alla Torino- Saint Vincent, un’altra 100 km storica ritornata quest’anno dopo una lunga assenza, siamo partiti in 147 e arrivati in 86: io sono arrivato 40° assoluto e 4° di categoria con 11h50’06”, mangiando complessivamente 4/5 banane e bevendo come sempre molto (coca-cola in primis e poi acqua e sali). Tutto qua.
Questa era la terza 100 km di quest’anno ed è stata abbastanza dura perché dopo una salita intermedia prima del 50° ci sono stati gli ultimi 7 chilometri con una pendenza notevole prima di Saint-Vincent, ma per fortuna il tempo è stato sempre bello (partenza alle 11 del mattino) e la notte stellata: così stellata che dopo novanta chilometri ci si può anche perdere a guardare l’Orsa maggiore disegnata tra le montagne e pensare che correre è veramente bello!
Paolo Valenti

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complimenti veramente.
a presto
ignazio
ps sarebbe il caso che cambiassi il tuo pseudonimo in "PAULULTRARUNNER" il solo "RUNNER" non ti si addice piĂą !!
E dici poco!
Complimenti
Franz