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Nel segno del Toubkal
Inserito da Franz.Rossi il 13/10/2009 alle 23:28 nella sezione cross & trail
Sono a Vienna per lavoro, questa sera fa freddo (sono 7 gradi) e per uscire a cena con i colleghi cerco nella valigia qualcosa da mettermi addosso.
Trovo così il pile e la giacca a vento che ho usato la scorsa settimana per salire sul Toubkal e i ricordi tornano immediati.
Lunedì 5 ottobre partiamo da Milano in tre, Monica, Giovanni ed io. Destinazione Marocco.
A Marrakech si uniranno a noi anche Roberto e Chiara, oltre ad altri cento trailer che hanno intenzione di cimentarsi su una gara piuttosto dura: il Toubkal Trail.
Si tratta di un trail su due percorsi (42km e 3313 m D+ oppure 125km e 9000 m D+) in cui il primo colle è la vetta del Jabal Toubkal, la montagna più alta del nord Africa, con i suoi 4.163 metri.
I Road sono tutti iscritti alla 42km, compresa Cinzia Maverna che purtroppo ha dovuto dare forfait prima di partire a causa di un infortunio.
Monica Nanetti ha invece optato per il trekking che la porterà in vetta al Toubkal ma fuori gara, il giorno prima, in modo da poter scattare le foto a noi che avremmo gareggiato... insomma 4 Road in gara.
I giorni precedenti passano veloci, prima a Marrakech per il ritiro pettorali, poi in viaggio verso Imlil il paese da cui partirà la gara.
E finalmente il giovedì mattina, alle 5:30, inizia l'avventura.
Partiamo con le frontali accese, è ancora notte, e il serpentone dei corridori illumina la strada sterrata che percorriamo per circa un km e mezzo.
Il gruppo si sfila, io prendo il mio passo, mentre Giovanni e Roberto, insieme ad altri amici, rimangono un po' indietro.
Sono in forma, dopo un'estate passata a testare le gambe e soprattutto la testa in Val d'Aosta.
L'unica mia paura è la quota: non sono mai salito oltre i 3.500 metri e non so come reagirò.
Ma questo è un problema da affrontare dopo, adesso iniziamo a salire il primo colle.
Il sentiero non è agevolissimo ma non presenta difficoltà tecniche. E quando si scollina le gambe girano ancora molto bene.
Attraversiamo un piccolo paese dov'è situato il ristoro (dove servivano anche il famosissimo thé alla menta tipico del Marocco) e appena lasciatolo troviamo la famosa cascata.
Dalla cascata si sale per uno stretto sentiero che si inerpica rapido.
Sento delle urla, è un uomo che guida un asino sul sentiero.
Più in alto la salita è resa difficoltosa dal vento che soffia impetuoso; sono indeciso se indossare o meno la giacca a vento, ma decido di restare ancora un po' solo con la maglietta e le mezze maniche.
Dopo un traverso si arriva ai piedi della seconda parte della salita, i famosi cento tornanti che supero con entusiasmo crescente.
Finalmente scollino, mi godo per un attimo il panorama desertico del Marocco, e mi rituffo in discesa verso il rifugio del Toubkal.
In realtà occorrerà percorrere parecchia strada per arrivare finalmente al rifugio.
Lì trovo Ela (un'amica cameraman) con la telecamera che aspetta Roberto con il quale sta girando un servizio per ReteQuattro.
Salgo ancora e dopo il ristoro al rifugio affronto i 997 metri di dislivello che mi porteranno alla vetta.
Sono già oltre quota tremila, ma - come già sperimentato in passato - la cosa non mi crea problemi.
Subito dopo il rifugio tro Monica che mi grida il suo incitamento mentre mi scatta qualche foto.
La salita è resa faticosa dai sassi e dalla ghiaia che rendono il sentiero difficile.
Sento delle grida di incitamento e alzo gli occhi, vedo un atleta avanzare rapidissimo lungo la discesa.
E' il primo, il marocchino Lahcen Elkadi. Ad una curva mi sembra che perda l'equilibrio ed esca dal sentiero per poi scivolare precipitando verso valle. Invece ha solo scelto la strada più rapida (e ripida) e scende a rotta di collo.
Riprendo la mia salita ed incrocio i primi atleti che scendono.
Quelli della lunga sono incredibilmente avanti (i primi due seguono i primi due della corta), sono dei veri fuoriclasse.
Trovo Marco Olmo (che è quarto) e lo incito, ma lui al solito si schermisce.
Salgo ancora, fino a quando le gambe fanno male e il fiato è cortissimo, ho incontrato la base medica con la camera iperbarica posta a quota 4.000 ed adesso punto alla vetta.
Incontro Giulia e Annalisa (seconda e terza donna) che scendono già. Annalisa mi grida: Dai Franz, che su è bellissimo!
Salgo ancora e finalmente scorgo la cima, un ultimo falsopiano e posso apporre la firma sul libro dei passaggi.
Trovo anche Ernesto, con cui avevo cenato la sera prima, è iscritto alla lunga ma decide di fermarsi alla corta.
Gli dico di precedermi, che tanto lo raggiungerò in discesa. Mi fermo per gli ultimi scatti in vetta, osservo il panorama ed è ora di scendere.
La discesa è un divertimento: salto e scivolo lungo i ghiaioni, ripercorro in un attimo i duecento metri di dislivello che mi separano dall atenda medica.
Chiacchiero un po' con Roberto ed Ela, e riprendo la discesa dopo aver dato il cinque a Marco, il medico esperto di medicina di alta quota.
Scendendo incontro quasi subito Giovanni che sale determinato: per lui è la prima gara così lunga, ma non molla.
E via via incontro tutti gli altri amici.
Appena mi distraggo un attimo, volo con la faccia avanti.
La caduta è quasi indolore (solo qualche sbucciatura), ma un crampo mi blocca la gamba, è la fatica che inizia a farsi sentire.
Arrivo di nuovo al rifugio, lì la fatica è finita, si tratta solo di correre gli ultimi 18 km in leggera discesa.
Incrocio di nuovo Monica e stavolta non mi fermo.
In discesa supero degli escursionisti di varie nazionalità (soprattutto spagnoli ed inglesi) e un sacco di asini e muli.
Quando credo di essere a valle, un'occhiata all'altimetro mi svela che devo ancora scendere parecchio.
Corro lungo il greto di un fiume, dei passanti mi avevano detto che mancavano ancora tre km ma ne ho già corsi di più.
Passo vicino all'elicottero del soccorso, il pilota mi applaude mentre distribuisce caramelle ai bambini che sono accorsi al suo atterraggio.
Chiedo ad un passante nel mio stentato francese: "Imlil icì?" e lui sooride ed annuisce, ma dopo poco una scritta mi svela larealtà, mancano ancora due km.
Sto rallentando in modo vistoso, ma alle mie spalle arriva una ragazza.
Decido di correre tutto l'ultimo tratto e la precedo verso il paese.
Giunto alla strada asfaltata sono circondato da un nugolo di bimbi che corre con me verso l'arrivo.
Al traguardo mi attende il sorriso di Nico e la soddisfazione di aver portato a casa un altro bel ricordo.
Dopo la doccia torno al traguardo ad aspettare Giovanni, Roberto e gli altri.
Ogni arrivo è una festa, che si protrarrà fino a tutta la mattinata di sabato quando anche l'ultimo dei trailer sarà arrivato.
Non è una gara da tutti, ma con un po' di allenamento è sicuramente un'esperienza indimenticabile.
Franz
Ecco i risultati dei Road presenti.
pos | atleta | time | km/h |
17/54 | Franz Rossi | 9:24:50 | 4,47 |
26/54 | Giovanni Storti | 11:06:22 | 3,78 |
35/54 | Roberto Nardini | 12:10:59 | 3,45 |
36/54 | Chiara Tieghi | 12:47:26 | 3,29 |

Tre Road alla partenza: Franz, Giovanni e Roberto
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:)
Equilibrio dello sport che si riflette nell'equilibrio di chi sa andare a conquistarsi questi traguardi, che onestamente ricerco con tutto me stesso e in questo caso particolare invidio un pizzico. Non avere bisogno di passerelle perchè il vero scopo è un altro.
L'arrivo con i bambini, poi, mi riporta ad una considerazione vecchia come il mondo. La dove ci sono persone più sfortunate, c'è accoglienza, c'è gioia più genuina, c'è un verso spirito di condivisione. Da noi invece.. Ahimè, dobbiamo imparare davvero tanto.
Spero di vedere un po' di foto al più presto, nel frattempo davvero tanti, ma tanti complimenti.
Andrea
Paolo Valenti
Complimenti Franz sei un grande per l’impresa e per il cuore, in ogni tuo racconto e’ una parte fondamentale che non manca mai, gli amici che incontri, i paesaggi, le emozioni, e qui anche i bambini.... bellissimo!
Complimenti a tutti.... a Chiara, Giovanni e Roberto.
Angy
Funa (che saltera' il Casto, ancora sofferente alle caviglie dopo il Monte Bianco)