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TDS: 109km di emozioni

Inserito da funakoshi67 il 12/09/2009 alle 14:57 nella sezione cross & trail

Chamonix, parcheggio Grapon, 29 agosto, ore 03:15
Suona la sveglia, apro gli occhi, dove sono? ah, sì, nel camper di Albe. Mi sono già praticamente svegliato ogni ora di questa notte, per paura di non alzarmi in tempo.
Scendo dalla branda.
Le caviglie come sono? uhmm niente di buono, niente di meglio del solito, ormai è un mese e mezzo che mi trascino questa infiammazione e sperare di trovare la pomata miracolosa il giorno prima era un’illusione, ma ogni tanto bisogna provare a crederci, no? beh, anche l’ultimo test una settimana fa sono riuscito a farlo con queste caviglie, terremo duro anche oggi.
Soliti infiniti preparativi, non so come mai io non riesco mai a farci stare tutto dentro quello zainetto che si gonfia come una zampogna, mentre vedo altri concorrenti che hanno praticamente un marsupietto da mezzo litro sulla schiena. Boh, misteri della fisica e della compressione.
Sono le 04:30, è ora di andare.
Ah, dimenticavo... il pettorale.
Porca zoccola!!! ho dimenticato le spille a Courma, shit!!! non ci voleva, adesso mi viene l’ansia, come minkia faccio? trovato, uso il k-way, me lo allaccio in vita (per tutta la durata corsa) e al suo elastico attacco con un cerotto il pettorale... un po’ artigianale, ma regge. Tic, tic, tic... naaaaaaa, piove!!! non deve piovere, il k-way mi serve per il pettorale!! 04:45, sarà megio uscire, tra un quarto d’ora si parte e devo ancora andare a portare il sacco gara.

Chamonix, partenza, 29 agosto, ore 04:57
Dopo un paio di chilometri di corsa, dal parcheggio al deposito sacche e da lì al nastro di partenza, mi infilo tra le retrovie giusto tre minuti prima del via, vicino a un terzetto di austriaci dotati di bandierina, nessuna faccia conosciuta, aria di sonno, sono agitato per questo inconveniente dell’ultimo momento che mi ha anche fatto dimenticare di mangiare, parto a stomaco vuoto, ma zaino pieno ;), niente frontale, sfrutterò la luce degli altri poi tra poco sarà l’alba.
La discesa a Les Houches la conosco, l’ho fatta lo scorso anno alla UTMB, è bella, larga, nel bosco, costeggia il fiume, si corre tutta, dovrei giungere all’abitato in un’oretta. Perfetto, alle 05:59 arrivo al gazebo, credevo di trovare un the caldo, ma non c’è ristoro, resto ancora a stomaco vuoto.
Prendo i bastoncini, adesso c’è la prima salita, 600mt+, ma è facile, è la prima. Previsioni di salita 1h15’.
È ancora buio, ma siamo ancora in gruppo, seppur sgranato, quindi riesco a vedere dove cammino, effettivamente la salita scorre veloce, l’aria è fresca, le sensazioni sono buone. Uscendo dal bosco tutti spengono la frontale, l’alba è arrivata, anche se una fitta nebbia ci avvolge, il cielo è coperto e mi rendo conto che pioviggina ormai da due ore (ma il k-way rimane dove è). Eccomi al punto di ristoro di Col de Voza, qui però si beve soltanto, mi fermo un minuto, prendo un the caldo, mi metto una canotta sopra per affrontare la discesa. Bene, riparto alle 07:06, sono in anticipo sulla tabella di marcia.
La discesa si corre bene, non spingo troppo perché la strada è ancora molto lunga, non voglio compromettere le caviglie da subito.
Sono più tranquillo adesso, mi sento bene, tengo sotto controllo tutti i miei parametri vitali, sto correndo, con il sorriso.

Saint Nicolas de Veroce, 29 agosto, 08:20
Finita la discesa, si sentono i campanacci e l’altoparlante con lo speaker che accolgono i concorrenti, poco sopra, qualche minuto di salita ed eccoci al paesino di St Nicolas.
Finalmente vedo banane, torta, frutta secca.
Giusta sosta per una buona colazione.
Rabbocco il camel, ci sarà una lunga salita, ho una bottiglietta per i sali, se esce il sole ci sarà da sudare parecchio, bevo un po’ di coca, e via, alle 08:35 riparto, con 10’ di anticipo sul previsto, sapendo di affrontare la salita più lunga: il Mont Joly.
Meglio adesso, mi dico, che sono ancora fresco, ed è ancora fresco.
Ho stimato un 2h30’ per questa salita, sono 1350mt di dislivello, senza soste, senza tratti in piano, senza respiro.
Claudio, punta alla vetta e non mollare fino a quando non sei sulla vetta.
Il sole ancora non è uscito, le nubi sono sempre sopra di noi e il sentiero, bellissimo, tutto in cresta, si perde nella nebbia.
Ok, non riesco a vedere dove finisce la salita, forse è meglio così, vedo brevi tratti, li affronto con serenità, camminando sempre, fermandomi mai. In certi tratti è proprio ripidino il sentiero, ma il passo rimane buono.
Senza quasi rendermene conto passano due ore e oltre, e magicamente mi ritrovo in vetta.
Caspita, ci arrivo alle 10:47, sosta tecnica di 3’ per vestirmi e svuotare una scarpa, riparto subito per non prendere freddo, alle 10:50. Sono stato velocissimo (!!) e mi ritrovo 25’ in anticipo sulla tabella. Questo mi dà una notevole carica psicologica, forse anche troppo, perché adesso rischio di essere anche fin troppo cauto.
D’altra parte il sentiero qui richiede la massima attenzione, ci sono pendii ripidi a destra e sinistra, meglio non fare cazzate.
Quindi corricchio quando posso, ma trovo trenini di gente che cammina e qui non si può sorpassare.
Intanto è uscito il sole e si riesce a godere il panorama, stupendo, delle vallate tutto intorno.
Finalmente riesco a superare e allora corro fino al Col du Joly, dove c’è il prossimo ristoro.

Col du Joly, 29 agosto, 12:07
Ho perso qualche minuto, il mio vantaggio si è ridotto drasticamente e, complice una sosta più lunga del previsto per dare aria ai piedi, riparto alle 12:29, con un solo minutino di vantaggio sulla mia tabella di marcia.
Bilancio comunque positivo fino a qui. Da qui in avanti è un susseguirsi di salite e discese, anche molto tecniche, molto ripide, tratti in discesa poco corribili (quanti sassi!!!).
Scendendo dal Col Fenetre, su una pietraia infinita, metto male un piede... quello che temevo, le caviglie sono deboli ed è facile prendere delle storte.
Questa è la prima. Fa niente, si sale al Col du Bonhomme, sto ancora bene con cuore, gambe, polmoni... e testa.
Mentre scendo a La Sauce so che sto andando bene, anche se ho rallentato il ritmo, ma davvero ho paura di farmi male e dovermi fermare.
Stupendo il passaggio a La Sauce, pratoni stupendi, con stupendi bellissimi di bruna alpina, incuriositi dal nostro passaggio. Scollino al Col de la Sauce, inizia la discesa al Cormet de Roselend.
Le riserve idriche e alimentari sono ok, riprendo anche a correre in discesa, senza però prendere troppi rischi.

Cormet de Roselend, 29 agosto, 16:15
Il mio arrivo al punto di ristoro, con tre giravolte e scatto finale, richiama un po’ di applausi, avevo bisogno anche di quello, dopo 4 ore parecchio toste.
Via scarpe e calze, giro per il ristoro a piedi nudi, li bagno, intanto mi rifocillo, controllo sms e email, mangio poco e bevo poco (niente coca!!!), un paio di the visto che fa freschetto.
Faccio il punto. Sono in ritardo di circa tre quarti d’ora sulla mia tabella, ma mi rendo conto che non avevo considerato la difficoltà tecnica di certi passaggi fatti.
Sono comunque 2h in anticipo sul cancello. Bene.
La caviglia dx si è ripresa, lo stomaco invece comincia a soffrire per tutti quei sali e porcherie, comincio a temere di finire come lo scorso anno, incapace di alimentarmi e idratarmi per uno stomaco in subbuglio.
Mi attende la salita più difficile, più tecnica, la micidiale “Le passeur de Pralognan”, e qui devo essere al massimo. Invece soffro, il sole picchia, la salita è tostissima, mi fermo, riparto, le gambe sembrano di colpo vuote.
Dai, Claudio, è la salita più dura, poi si scende.
Gli ultimi 200mt di dislivello sono da arrampicata, via i bastoni, mani a terra e via. Questo tipo di salita mi piace, mi arrampico che è un piacere, sto ritrovando energie e morale. Non saprei descrivere la bellezza di questo posto, anche le foto non rendono, forse sarà il gusto della conquista, ma sembra di essere in paradiso.
Un attimo di contemplazione, sono le sei e un quarto, ho perso altri 20’, ma chissenefrega!! sono consapevole che le salite più dure sono alle spalle, ho già percorso 60km, ho fatto due terzi delle salite e, a parte lo stomaco, sto bene.
Il passaggio successivo, laghetti di Forclaz e relativo colle scorrono via bene, non guardo mai il Garmin, non voglio essere condizionato dall’altimetro, navigo a vista.
Ora c’è da scendere, da scendere di brutto, oltre 1500mt di dislivello negativo.
Meglio alternare corsa e cammino, non voglio arrivare giù con le gambe spezzate.
Si forma un gruppetto e mi associo, loro parlano, sono francesi, io sto dietro, zitto, a parte imprecare quando ancora una volta metto male il piede, stavolta il sinistro. Il dolore è talmente intenso che mi devo fermare per trovare il respiro (per i maschi: come un calcio nelle palle).
Si avvicina l’ora del tramonto, il cielo diventa sempre più scuro, devo arrivare prima che sia buio.
La cittadina si avvicina sempre più, con quell’orrenda zona industriale (centrale idroelettrica, ferrovia...), preferisco alzare lo sguardo e vedere il riflesso rosso del sole sulla cima innevata dell’Arc e su altri ghiacciai intorno.

Bourg St Maurice, 29 agosto, 20:45
La tappa più importante di tutto il giro. Separa il giorno dalla notte.
C’è il ristoro ricco, quello della zuppetta, c’è da vestirsi bene, da riposare bene, perché dopo sarà il vuoto, mi immagino già una solitaria e buia traversata fino a La Thuile, ci passerò la notte, quindi mi devo ricaricare, anche psicologicamente.
Sono in ritardo di quasi due ore sulla mia (ottimistica, mi rendo conto) tabella di marcia. Ma ormai quella non conta più, l’importante è che sono abbondantemente dentro i cancelli orari.
Faccio una telefonata alla famiglia, poi sarò da solo.
E così è.
Riparto alle nove e mezza. Come è diverso, adesso.
Sono arrivato che c’era ancora luce, adesso è tutto nero.
Ho freddo, vorrei tornare al gazebo e fare il bis di zuppetta calda, staccare il pettorale e andare a dormire. Certo, poteva bastare, no? 70km fatti, 4500mt +/-, 15 ore. Certo che poteva bastare, ero contento.
Invece? invece sto andando verso il nulla, mentre le voci, i rumori del borgo e le luci si allontanano alle mie spalle.
Appena iniziata la salita, incrocio un concorrente che sta tornando indietro, probabile ritiro.
Sto pensando che vorrei fortissimamente fare la stessa cosa.
Ma cavolo, come cambiano le prospettive, come facilmente si può passare dall’esaltazione al più nero sconforto.
Lo spettro del ritiro continua ad affacciarsi, ad ogni tornante, ed è sempre più difficile ricacciarlo indietro.
Sono solissimo, io contro il nulla, il passo del Piccolo San Bernardo sembra sopra di me, lo vedo, lo tocco... invece no, girato l’angolo c’è ancora il nulla, deve essere dietro il prossimo. E dopo il prossimo, ce n’è un altro.
Non mi rendo conto delle distanze, non ci riesco, le prospettive si confondono. Massimo sconforto, sento il freddo, il tempo passa ma i chilometri no.
Avevo provato sensazioni simili un anno fa, durante la salita a Champex, prima di fermarmi.
E questo ricordo non mi aiuta molto...

NO, CLAUDIO, NO.
Ricorda che hai promesso...
Ricorda quelle persone... amici e parenti.
Quelli che... su di te ci contano...
Quelli che... è troppo tardi per contarci...
Sì, lo fai anche per qualcuno che non c’è più...
RICORDATELO, tira fuori le palle!!!
Non puoi deluderli.

Ok, va bene, ho capito, però... fa sempre più freddo, mi sto avvicinando ai 2000mt, è mezzanotte passata, non sento più le dita delle mani, cazzo si stanno congelando.
Non voglio fermarmi adesso per coprirmi, tanto tra poco sono arrivato, allora tiro giù le maniche della maglia a coprirmi le mani e ci soffio dentro per scaldarmi.
Ma chi me lo fa fare? Dove porca eva è sto menga di colle???? Non mi sto divertendo, basta, mi voglio fermare!!

Stai scherzando, vero? Pensa... ricorda.. non deluderli.
Sopporta il freddo, dimentica lo stomaco, sgambetta e zompetta che prima o poi arrivi.

E così facendo mi impedisco di arrendermi, mi faccio violenza (o semplicemente mi faccio coraggio) durante quelle interminabili 4 ore, quei lunghissimi 12km, quegli infiniti 1400mt di dislivello in quella tenebrosa solitudine.
Finalmente vedo un falò, per fortuna, fa un freddo caino.
Appena arrivato chiedo di poter entrare a vestirmi dentro questo casolare.
Entro e ci sono due paioli sul fornello, the e brodino.
Fuori ci sono tre (TRE!!!) gradi centigradi.
Rimango qualche minuto incollato ai fornelli per recuperare un po’ di calore, poi mi metto tutto quello che ho di pesante nello zaino, mi bevo un the caldo e mi unisco agli altri attorno al falò, un falò muto, le facce che vedo illuminate dal bagliore del fuoco sono mute, parlano ma sono mute, guardo i sorrisi di alcuni e le facce distrutte di altri, ma è come se fossi da solo, distaccato dalla realtà.
Nel mio silenzio cerco di razionalizzare, analizzo la situazione: hai finito le salite, hai fatto 81km, adesso si vola verso l’arrivo. Lo stomaco va meglio, dopo il the.
Non mangio niente, tanto a La Thuile ci si arriva comunque e poi si vedrà.
Bene, mi sono riscaldato, caricato psicologicamente, alle 01:53 parto, di corsa, e non mi fermo, corro, corro giù per sentieri contorti, attraverso prati bui, su tracce a volte cancellate, le balise spariscono, in un paio di bivi non si capisce dove sia il sentiero, finisco in un acquitrino con il fango alle ginocchia.
Mi si affianca un francese che mi aiuta a ritrovare la strada, succede ancora, ci dividiamo, lui trova la balise dopo 300mt e mi chiama, forza, corri, lo riprendo, lui ha rallentato per aspettarmi, adesso si vola, corri, corri, dai Claudio, è lunga ma sento che ce la facciamo.
Tante volte non riesco a capire dove sono, perdo l’orientamento, ma continuo a scendere, forte, bene, bene!!!
Faccio in tempo a prendere una seconda storta alla caviglia sinistra e di nuovo vedo le stelle (ho alzato lo sguardo al cielo..), mi fermo per respirare, riprendo camminando ma poi vado, corro, vedo le luci, siamo a La Thuile!!!
Qui il sentiero attraversa varie volte i tornanti della statale, si alterna asfalto a carrabile lastricata dura.
Il mio compagno mi fa cenno di andare, lui preferisce camminare. Io continuo la mia corsa, fino all’ingresso nell’area ristoro.

La Thuile, 30 agosto, 03:54
Quando entro sento parlare italiano (addirittura lumbard), mi viene da commuovermi, sento che ormai è fatta.
Un volontario mi fa sedere, mi prende i bastoncini, lo zaino, mi porta una scodella di brodo con la minestrina e un piatto di mocetta e fontina.
Rimane a chiacchierare con me, ascolta le mie sensazioni, mi incoraggia raccontandomi i tre “pezzi” di percorso che ancora mi rimangono.
Mi ha veramente coccolato, adesso “vedo” il percorso che mi separa dal traguardo e mi sembra già fatto.
Il brodino è miracoloso, mi sento bene, lo stomaco è a posto, pit stop e sono pronto.
Alle 04:18 riparto galvanizzato, ormai in ritardo di tre ore rispetto alla mia tabella, ma ancora tre ore in anticipo sul cancello.
A questo punto però nessuna delle due cose mi interessa più che tanto.
Parto da solo ma un gruppo di francesi mi raggiunge e mi passa, hanno un passo sostenibile, quindi aumento un po’ e mi accodo.
Così facciamo la salita a Petosan per circa 1h30’ e quando iniziamo la discesa si comincia ormai a vederci senza frontale.
Mi sento rinato, lascio i francesi e inizio a correre per tutta la discesa a Prè Saint-Didier, le gambe rispondono benissimo, cavolo, ho fatto quasi cento chilometri e sto bene, aumento, passo una decina di concorrrenti, poi quasi verso la fine trovo un gruppetto fermo con un concorrente infortunato.
Hanno già chiamato i soccorsi, aspettiamo l’arrivo dei vigili del fuoco facendo coraggio allo sfortunato atleta, poi riprendiamo la nostra corsa quando arrivano i pompieri di Morgex.
Ancora 100mt di dislivello negativo, qui si corre bene, e arrivo al ponte sul torrente che scende da La Thuile.
Cammino un 200mt fino al rilevamento cronometrico.
Sono le 07:15. Ottimo!! Mi piacerebbe arrivare a Courma entro le 8, ma sarà quasi impossibile. Fa niente.
Bevo un mezzo bicchiere di coca e riparto subito. Ci sono 5km da fare e 200mt di dislivello positivo.
Sono determinato, sento le gambe che spingono bene, dai, Claudio, di corsa!! corricchio, poi corro (nel senso Jokessistico del termine) che diamine, anche nelle salite, e supero, recupero un’altra decina di posizioni, i tratti più ripidi li cammino spedito, il sole si affaccia dietro il Col Lacony, passiamo il ponte sulla Dora, c’è scritto “ultimo km”, caspita, qui si corre e basta...
Ci sono due davanti a me, corrono anche loro, ma potrei passarli, poi ci ripenso... non ci guadagno nulla, mi guardo indietro, non mi raggiunge nessuno, e allora... arriviamo così al traguardo, va bene così.
Sento tutta l’emozione e la commozione che stanno per uscire, quest’ultimo km mi permette di ripassare mentalmente tutto il percorso, la crisi notturna al Piccolo San Bernardo, e ciò che mi ha aiutato a superarla.

Courmayeur, 30 agosto, 08:10
Le lacrime escono e si asciugano subito, almeno tre volte in questo ultimo chilometro dentro Dolonne dove finalmente si rivede un po’ di gente (poca e poco “calda”).
Ultimi passaggi con discesa su scalinate (con sabbietta insidiosa da rischiare l’osso del collo) e rettilineo finale.
La commozione lascia il posto alla felicità, cerco di richiamare qualche applauso ma non c’è nessuno, chissenefrega, lo speaker chiama, io rispondo, alzo le braccia, ce l’ho fatta.
Guardo in cielo, per qualche attimo, e il mio pensiero prende il volo: “visto? ce l’ho fatta”.
Sono felice, non piango nemmeno più.
Sono 368esimo. 27h10’, niente male, mi dicono.
Ci sono stati tanti ritirati, la corsa era veramente dura.
Bene, grazie, rispondo, poi vedo una delle cose per cui valeva la pena arrivare qui: una bella birra fresca :)) ... pensando già alle prossime sfide...

Funa

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Commenti
  • Franz.Rossi 12/09/2009 alle 15:00:05 rispondi
    Grande Claudio
    Te l'ho già detto a voce e te l'ho scritto, ma mi piace ripeterlo qui davanti a tutti.
    Sei stato davvero grande: so la fatica che hai fatto a prepararti, mi è stato detto della durezza del percorso, insomma complimenti doppi.

    E poi il tuo racconto restituisce tutti i valori del trail, credo che ci sia parecchio da imaparare.

    Chapeau
    Funa
    Franz
  • Sbxaic 15/09/2009 alle 08:26:32 rispondi
    Fenomeno
    Incredibile. Grande impresa.
    Un racconto emozionante, grazie.
    Tutto bellissimo, ma la Birra Fresca finale è una cosa meravigliosa. Gioia Infinita.
    YO

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