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Storia di un ritiro
Inserito da Franz.Rossi il 23/06/2009 alle 11:01 nella sezione cross & trail
Quando perdi, non perdere la lezione
(TENZIN GHIATZO, XIV Dalai Lama)
La Monza Resegone lascia il segno. Sempre.
E' domenica pomeriggio, ho dormito solo tre ore dalle 7 del mattino alle 10 e durante tutta la giornata i ricordi della gara di ieri continuano ad affacciarsi alla mia mente.
Quest'anno la Compagnia dei Viaggiatori era ritornata alla formazione originale, Daniela, Davide ed io.
Per farlo avevamo anche messo nei conti che avremmo potuto non arrivare in fondo: troppo poco allenamento specifico per alcuni di noi.
La condotta di gara era impostata alla prudenza, inserendo persino un paio di minuti camminando ai ristori, tutto per giungere a Calolzio riposati e affrontare la salita.
Ma il fato ci ha presentato il conto molto prima nella forma di un'infiammazione della bandelletta al ginocchio di Davide.
Alla partenza la nuova scenografia prevede un piccolo palco sul quale i terzetti salgono, attendono il conto alla rovescia e poi partono.
Assiepati sul retro del palco, mescolati alle altre squadre miste che hanno il privilegio di partire per prime, attendiamo il nostro turno condividendo l’atmosfera elettrica con gli altri team.
Il cielo inizia ad imbrunire e le luci dei fari del palco accendono le gocce di pioggia trasformadole in luminose stelle filanti.
Il pubblico rumoreggia e applaude, tra le voci riconosco qualche grido amico che richiama la mia attenzione. Rispondo con il pollice alzato “ci vediamo alla Capanna”.
La squadra con il pettorale 19 (due prima di noi) è salita sul palco, Enrico, presidente della Società Alpinisti Monzesi, presenta i componenti.
5, 4, 3, 2, 1 partiti. Sale la squadra 20. Ci diamo la mano e uniti in una catena che è il simbolo della Monza Resegone saliamo sul palco.
Il conto alla rovescia è liberatorio, un attimo di attenzione per scendere la rampa del palco resa viscida dalla pioggia e ci consegniamo all’abbraccio della folla che applaude nel viale.
Finalmente le gambe possono girare.
Riconosco volti tra la folla, sento urlare il nostro nome, do il “cinque” ai compagni del Road che sono venuti a tifare. Che la festa abbia inizio...
Passata l’euforia dei primi chilometri, dove la gente fa un tifo indiavolato e per un minuto ti senti Baldini, impostiamo il passo come da accordi.
Procediamo in drappello compatto, come le regole richiedono e prima delle regole la nostra abitudine a correre insieme, chiacchierando, dicendo sciocchezze, ingannando i chilometri e il tempo.
Poi, intorno al 15esimo, Davide si stacca e procede da solo, 10 metri avanti a noi.
Con Daniela ci interroghiamo su questo comportamento strano, un po' ci infastidiamo pure.
Siamo qui per divertirci. Ma la sua battaglia era iniziata ed era una battaglia che andava combattuta da solo. Contro il dolore e soprattutto contro la paura di fermare i compagni.
All’ennesimo ristoro i ruoli si invertono, Daniela passa in testa e io chiudo la fila. Il ritmo continua a calare.
Altre squadre ci sorpassano e ci si scambia il classico saluto: "Alè ragazzi, ci vediamo alla Capanna", "Non ci finite tutta la birra".
Dopo il ristoro del 25 Davide mi dice del suo problema, non riesce quasi piĂą a correre, raggiungo Daniela e ci fermiamo a fare il punto della situazione.
Siamo quasi a Olginate e nel frattempo la pioggia che ci aveva accompagnato per buona parte del percorso diventa un temporale con i fiocchi.
La squadra inizia a distanziarsi, guardiamo l’orologio, abbiamo corso per tre ore e quindici minuti e siamo al trentesimo, abbiamo un’ora giusta per arrivare a Erve nel tempo massimo.
Ognuno di noi affronta la crisi della squadra, ognuno fa i suoi esercizi di matematica, ormai sappiamo che così non arriveremo.
Bisogna solo avere il coraggio di dirlo.
Attraversiamo il ponte sull’Adda, accelero per raggiungere Daniela e prendere una decisione, si gira, mi riconosce e mi sorride “Ma quanto è bella questa pioggia!”
E’ fatta, possiamo divertirci lo stesso, arriveremo alla Capanna perché ce lo dobbiamo, perché è un compito che ci eravamo prefissi, adesso la sfida è solo con noi stessi.
Salutiamo Davide e ci accordiamo per il rientro, lui cercherà un’ambulanza e poi di raggiungerci ad Erve, se non ce la fa andrà direttamente a Monza.
Noi proseguiamo.
Allungo il passo e Daniela mi invita alla prudenza.
Mi sembra di aver morso i freni per troppo tempo, e in salita verso Calolzio corro leggero e senza apparente fatica.
Passiamo il paese e affrontiamo la salita. La prima parte su asfalto sarà quella più difficile, abbiamo un tempo da provare a rispettare, così spingiamo bene con le gambe e superiamo un po’ di gente che ci aveva superato nelle ore precedenti.
Saliamo fino al punto di ristoro, ad ogni controllo dichiariamo “squadra 21, manca un concorrente” e il dirlo ci rinnova l’amaro del ritiro.
Ma la fatica e la gioia della gara compensano il senso di frustrazione.
Raggiungiamo la parte buia del percorso, qui l’anno passato eravamo stati accolti dalle lucciole e dalla stellata.
Quest’anno ci sono pioggia e fari di automobile, ma siamo concentrati sulla corsa.
Sentiamo alle spalle i passi di una squadra maschile, salgono bene e noi ci accodiamo, passiamo un tratto in cui le auto hanno quasi bloccato la strada e dobbiamo fare una gimkana tra cofani e scappamenti, ma subito dopo c’è il premio, il cartello di Erve e l’ultima curva.
4 ore e 3 minuti. Un tempone per noi, siamo ancora in gara con il cronometro ed adesso inizia la parte facile, la montagna che tanto amiamo e sulla quale ci sentiamo a casa.
Al ristoro un giudice ci ferma e dice “squadra 21, il vostro collega è in arrivo con l’ambulanza, dateci le chiavi dell’auto”.
Grande organizzazione. Complimenti ai volontari che si sono davvero prodigati.
Mentre mi cambio maglia intravedo Bob, un compagno del RRCM, disteso nella tenda ospedale.
Vado ad accertarmi come sta, ma sta ridendo con le infermiere, tutto ok.
Faccio a tempo a girarmi e vedo entrare Davide con una volontaria che lo invita a cambiarsi maglia e mutande e ad indossare della biancheria asciutta.
Davvero grandi quelli della Croce Rossa.
Ripartiamo. Di corsa, senza ansia. Daniela soffre, ha il ginocchio dolorante e l’essersi fermati e raffreddati le rende più difficile la corsa.
Arriviamo al ponte dove abitualmente c’è la foto. Chiediamo se ce la fanno anche se siamo in due, ma la macchina fotografica è inceppata e proseguiamo.
Alla prima rampa di cemento ritroviamo l’andatura che usiamo in salita in montagna: passi lunghi e ritmo serrato, superiamo così dei team.
Io sento montare la voglia di andare, Daniela mi trattiene prudentemente. Ci sarĂ tempo piĂą avavnti per dare sfogo a tutte le energie.
La lunga cavalcata nel bosco ci è familiare dopo le precedenti edizioni e il sopralluogo della settimana precedente.
Saliamo e superiamo. Davanti sento il classiso grido “crampo!” e scopriamo che a gridare era stato Walter che con Angelo ed Antonio stanno salendo.
Mi chiedono quanto manca secondo me e io dico 30 minuti, poi guardo l’orologio che segna 4:39 e quasi non ci credo... possiamo fare davvero un buon tempo quest’anno.
Saliamo e superiamo. Alcuni podisti hanno scarpe da running, scivolano inesorabili su sassi e radici rese viscide dalla pioggia che scende copiosa.
Restiamo in fila e appena il sentiero si allarga possiamo passare.
Siamo al PrĂ di rat, al ristoro ci fermiamo solo il tempo per un bicchiere di the e ripartiamo.
Sul sentiero troviamo bicchieri di plastica abbandonati, borbotto il mio malcontento verso queste persone che non hanno ancora compreso che non siamo ad una gara su strada.
Un podista davanti a noi lascia cadere il suo bicchiere, Daniela lo raccoglie e lo mette in tasca mentre fa presente che non ci si comporta così.
Il podista bofonchia delle scuse, ma appena possiamo li passiamo e andiamo via.
Il sentiero è una pozza continua, entro nell’acqua e non perdo tempo ed energie ad evitare l’inevitabile.
Le voci nel bosco preannunciano la Capanna, finalmente la luce dei riflettori, superiamo ancora due squadre e ci mettiamo in posa per la foto.
Quest’anno siamo in due, niente medaglia, ma almeno un ricordo...
Alla Capanna è festa! Ci si aspetta tra amici, nella grande confusione mi dimentico di fermare l’orologio e quando lo guardo scopro che siamo stati sotto le 5 ore e 20, il nostro secondo miglior tempo di sempre.
Ci abbracciamo felici, ma Daniela trema. Thè caldo e a cambiarsi con vestiti asciutti.
Quest’anno le donne si cambiano dentro e per noi uomini c’è un gazebo allestito sul piazzale.
Io resto fuori, tanto piove appena e ci sono grandi alberi a proteggermi.
Indosso panni asciutti, ma non ho scarpe di riserva così opto per tenere le calze bagnate.
Mi raggiunge anche Daniela, salutiamo un po’ di amici, beviamo ancora thè caldo e mangiamo una merendina e poi optiamo per scendere e raggiungere Davide ad Erve.
La lunga discesa seguendo il sentiero della fonte San Carlo ci impegna un po’, ma la gioia è tanta da far dimenticare la stanchezza.
Sentiamo voci davanti e dietro a noi, e quando finalmente sbuchiamo alla fonte rimaniamo abbagliati dalle luci.
Si beve il caffè offerto dagli alpini e ripartiamo rendendo omaggio all’asino Bruco che in questo luogo ha deciso di fermarsi a riposare per sempre e che è ricordato da una targa sul ponte.
Ecco le luci della strada asfaltata.
Daniela ed io rallentiamo il passo per goderci un momento di piĂą il mondo magico della Monza Resegone.
Ci sono delle regole che accettiamo e abbiamo perso.
Ci siamo ritirati.
Ma come dice il Dalai Lama, da ogni sconfitta si può imparare qualcosa. Ti rende più ricco dentro, più forte. Quest’ edizione della Monza Resegone va negli archivi, e questa volta senza medaglia, ma con la consapevolezza di aver comunque svolto il compito che ci eravamo prefissati, raggiunto l’obbiettivo.
E le sfide dell’estate ci preoccupano un po’ di meno.
Franz

Davide, Daniela e Franz (foto Stefano Scala)
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Però questo racconto me l'ha fatta vivere senza averla corsa e chissà un giorno lassù ci sarò anche io!
Grandi Complimenti!
Come Antonio voglio portare a casa l'accoppiata Passatore - Monza Resegone ....
Non sono normale, vero???
Bruno Il Tortello "offhead" Meneghetti
Paolo Valenti
ciao road
Stefano
dei podisti,sei un grande maestro e veramente
oneroso avere un personaggio cosi grande nella nostra
grande squadra, non te la prendere ma sai quante monza
resegone abbiamo ancora davanti a noi? vedrai che la prossima andrĂ meglio.
ciao angelo felli