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Emozioni in corsa

Inserito da Franz.Rossi il 12/12/2006 alle 11:40 nella sezione storie

Correre regala emozioni, e noi che corriamo per passione e non per professione lo sappiamo bene.
E le emozioni spesso si trasmettono a chi partecipa alle corse anche come spettatore: i meeting in pista o gli arrivi delle maratone danno i brividi.
Ma l'esperienza che ci è toccato vivere in questi giorni è davvero diversa e, una volta in più, mi rende felice di essere un runner e, in particolare, un Road Runner.

L'arte è difficile da comprendere e definire per i grandi pensatori, figurarsi per uno come me.
Così mentre seguivo Antonio e Walter all'interno dell'Arengario osservavo con umiltà le opere di Martin Creed un artista inglese celebrato nel mondo.

Dentro di me un po' di tensione per il compito affidatoci, era il primo giorno, quello dell'inaugurazione e, anche solo da un punto di vista atletico l'impresa era impegnativa.
Si tratta di percorrere circa 400 mt, metà all'interno della mostra e metà all'esterno, trasferendosi da una porta all'altra, in modo da correre verso il flusso dei visitatori.
La parte difficile è l'alternarsi del ritmo, si parte salendo una scala, si fa un allungo di una cinquantina di metri, si sale un'altra rampa e si deve sprintare attraverso un'altra sala. Poi si esce all'aperto, si scende una lunga scalinata recuperando fiato, si percorre a ritmo blando circa duecento metri intorno all'Arengario, si apre una porta e si ricomincia: circa 2 minuti, da ripetere una trentina di volte.
Ci sono poi delle componenti esterne che rendono un po' più impegnativo il tutto: correre in abiti borghesi, il caldo all'interno delle sale, la gente da evitare, i tratti al buio o con scarsa illuminazione.
Insomma, percorrendo il corridoio dell'Arengario pensavo più al mio compito che a quello che vedevo.

Poi, finalmente, siamo partiti.
E sono stato assorbito dal ripetere una volta in più il gesto liberatorio della corsa, che scioglie ogni tensione, che crea quell'unità mente, cuore, corpo così difficile da ricreare.
Mentre correvo si è creata un'altra magia: sono entrato nell'opera di Creed, non ero più io, Franz, ma uno che corre e la mia corsa assumeva un significato diverso, non solo per me, ma anche per la gente che fluiva dalla sala superiore a quella inferiore, dalla luce solare di piazza Duomo al buio antico dell'Arengario.

Allora ho visto le cose con gli occhi dello spettatore e ho interpretato a mio modo l'intera mostra.
Oggetti slegati tra loro ed estraniati da quella che dovrebbe essere la loro funzione.
Un pianoforte che produce suoni non grazie alle sapienti mani del pianista ma per il ritmico sbattere del coperchio.
Un mega condizionatore d'aria che soffia in faccia alle persone che entrano, trasformandosi così da refrigerio a fastidio.
Una gigantesca scritta al neon che recita "small things", piccole cose, contraddicendo nel significato il suo essere gigantesca.
E la buia sala dell'Arengario, segnata da un lato dall'alternarsi di spazi pieni e vuoti che le regala il colonnato e dall'altro dall'alternarsi ritmico di luce e buio. E su tutto un suono misterioso, indecifrabile, che si fa sempre più forte via via che ci si avvicina.
Mentre stai scendendo verso il buio, spiando la gente davanti a te, titubante perchè non conosci e non comprendi quello che vedi, un movimento improvviso attira la tua attenzione, una persona corre verso di te - una minaccia? - ti strappa dalla tua apatia, dal tuo essere osservatore e ti coinvolge.
Pochi passi ed è scomparsa, ma intanto ha minato il tuo equilibrio, ti ha portato dentro l'opera e tu procedi verso l'oscurità e lo shock finale, nel buio delle profondità dell'Arengario, al termine del viaggio, un breve ossessionante filmato.
Un qualcosa che non si è abituati a vedere e che farebbe girare gli occhi altrove per l'atavico pudore che permea tutto quanto è legato alla nostra corporalità, ma che in questa mostra, dopo questo percorso ti inchioda gli occhi allo schermo.
Ancora pochi passi e sei fuori, di nuovo nel sole e nella vita della piazza.

Ripensandoci non so se sia così per tutti, non so neppure se questo fosse il messaggio di Martin Creed (un simpatico inglese che abbiamo conosciuto e che ha corso con noi un paio di giri), ma forse in fondo l'arte è proprio questo: generare qualcosa che trasmetta emozioni agli altri. E Creed ci è riuscito!


Chiudo con alcune note pratiche:
La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20, fino al 18 giugno.
L'ingresso è libero.

Se invece volete provare anche voi questa straordinaria esperienza, scrivete subito una mail ad Antonio Brillo o a Walter Valli, chiedendo informazioni o offrendo la vostra disponibilità.

Per maggiori informazioni sulla mostra consultate il sito della Fondazione Trussardi che organizza l'evento...

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